Nov 11 - Nov 11 2017

La vita e accanto a questa la pittura

L’unica cosa che mi interessa veramente è la pittura. Tutto il resto lo rimando

  Per Giuseppe Ajmone (1923-2005) pittura e vita scorrono su binari paralleli, eppure, anche se molto vicine, procedono a velocità diverse e, soprattutto, ad intensità diverse. Si guardano, si sfiorano, difficilmente si fondono e quasi mai si confondono. Prima di tutto perché Ajmone vede la vita come una sequenza di atti mi, di momenti distinti , come un susseguirsi di episodi o, se si vuole, come una cronaca di giorni; la pittura invece è storia, ovvero un racconto che si dilata, che si scontorna, che si sofferma sul tutto o su un frammento con la medesima curiosità, ma poi se ne va altrove, lontano, verso spazi sconosciuti, a perlustrare la memoria e il sapere con il rigore della mente e la forza della poesia, perché, ricorda Ajmone, “la pittura non è cronaca. Deve durare”. Ajmone parte dalla natura (sia essa una pianta, il colore del petalo di un fiore, lo scorrere del fiume, il riflesso del sole sul crinale di una collina o i capelli di una donna) e dalle impressioni che inevitabilmente essa gli suscita, ma poi s’invola, si lascia trasportare dai ricordi, dai pensieri e si fa sorreggere dalla ragione, con il bisogno, che diviene sempre più urgente, di aggiungere a ciò che ha visto ciò che già sa: “Sono un realista nel senso che la realtà mi serve da nutrimento se non la guardassi o non la vivessi mi svuoterei rapidamente, poiché non farei che dipingere senti menti o emozioni che ho già vissuto. Dipingerei me stesso, immobile, immutabile, dipingerei il nulla”.