Buon Anno! Che cosa ci rimane?
Carissimi tutti, buon anno!
Per trasmettervi i miei auguri ho scelto un’immagine e un testo.
L’immagine riproduce un olio su tela intitolato Omaggio a Ovidio dipinto nel 1999 sulla soglia, dunque, del nuovo millennio.
Ovidio, che nei suoi versi congiunge sapientemente arte poetica e arte figurata e che col plastico racconto del passaggio da una condizione a un’altra incanta e consola, merita l’omaggio del pittore.
Il testo di Ajmone – tra i firmatari del Manifesto del Realismo – appare nel marzo 1946 su “Numero” (periodico mensile di arte e letteratura) con un titolo significativo
Che cosa ci rimane?
di Giuseppe Ajmone
Abbiamo dietro le spalle una pittura che si è sforzata di inventare una grammatica astratta ed ha perseverato nella ricerca dell’isolamento dell’individuo.
Ora noi constatiamo, a contatto del lavoro, che dall’isolamento non possiamo aspettare quello che cerchiamo e sentiamo che siamo soli con le nostre pene e le nostre gioie.
Nuovi di fronte ad un mondo che ci sforziamo di guardare con occhi puri.
E’ difficile dire se riusciremo ad identificarci e a riconoscerci in questo nuovo mondo che ci aspetta. Non ci sentiamo il coraggio o non abbiamo le pretesa di parlare in nome di una civiltà, neppure se tendiamo disperatamente ad una storia che è stata interrotta. L’interruzione è stata forte e noi siamo le vittime di questa interruzione.
Che cosa ci rimane?
Non la scoperta o una seconda fase di grammatica astratta.
Ci rimane modestamente quello che rimane a tutti gli uomini; senza retoriche, ci rimane la vita e accanto a questa una pittura senza scienza e senza penombra.
Una cosa è certa: se qualcuno, riesce oggi ad azzeccare la impostazione esatta del problema nei suoi termini elementari ed essenziali arriva alla pittura più vera.
Giotto può aiutare.
Io credo che anche la rilettura delle Metamorfosi di Ovidio possa aiutare.
Buon 2021.
Natalia Ajmone
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