1 maggio 2024, Festa dei lavoratori
Carissimi Tutti,
buon 1 maggio.
Anche per celebrare questa giornata ho scelto due testi: un dipinto e un frammento letterario per il loro valore e per ciò che intrinsecamente -secondo il mio modo di vedere le cose- li accomuna.
Spero che la scelta vi giunga gradita.
Giuseppe Ajmone, Fusione, 1960, olio su tela
A ispirare il dipinto, come anche una serie di litografie, l’impatto con gli altiforni dell’Ansaldo di Genova.
Quale luogo più di una fucina può rappresentare la sintesi delle componenti essenziali del lavoro: la fatica (dal latino laboro, as, avi, atum, are = adoperarsi, preoccuparsi; essere in difficoltà; soffrire; fare, eseguire), la competenza, la consapevolezza del rischio, la necessità di poter contare sui compagni di lavoro, la gratificazione nel portare a termine un prodotto che sia utile a tutti, che abbia un valore sociale.
Lev Nikolaevic Tolstoj, Perché la gente si droga? E altri saggi su società, politica e religione, a cura di Igor Sibaldi.
Il primo gradino
Se un uomo fa una cosa, e non la fa per mostra ma perché desidera portarla a compimento, agirà per certo in modo conseguente, cioè secondo una ben precisa successione di atti che sarà determinata dall’essenza stessa della cosa in questione. Se un uomo fa dopo quel che, in base all’essenza della cosa in questione, avrebbe dovuto invece far prima, o se tralascia del tutto di far ciò che è necessario perché l’opera sua proceda, si può star certi che egli non sta facendo sul serio, bensì finge soltanto di far qualcosa. Questa norma rimane immutabilmente valida sia nelle cose materiali sia in quelle non materiali. Così come non si può voler cuocere sul serio del pane, se prima non s’è impastata la farina, e poi non si è caricata la stufa, e non si è pulito il forno e via dicendo, proprio allo stesso modo non si può desiderare seriamente di condurre una vita buona, se non si rispetta una ben precisa successione nell’acquisizione delle qualità che a ciò occorrono. […]
Come a dire che per ogni lavoro finalizzato alla produzione di qualcosa di buono e di utile per gli uomini occorrono onestà, capacità di progettare e pianificare, disciplina, senso della realtà, costanza, disponibilità alla fatica e alla pazienza. Sì, perché i tempi di realizzazione di una cosa che rappresenti un maggior bene per il maggior numero di persone possibile, difficilmente possono essere brevi, intermittenti, precari, alienanti, sviliti.
Tolstoj parla di una norma valida sia nelle cose materiali sia in quelle non materiali: a pensarci, anche costruire la pace è un buon lavoro!
Innanzitutto bisogna avere chiara l’idea di che cosa significa pace (dal lat. pango, is, pepigi, pactum, pangere = conficcare; piantare; fissare i confini; stabilire, pattuire, intraprendere; comporre) e quindi avere determinazione, conoscenze tecniche, disponibilità (anche alle sofferenze), inventiva e capacità di aggregazione, perché per avvalorare un’opera – che dal contesto trae il suo senso – occorre preparare il terreno e posare il primo gradino di una scala in ascesa.
E poi, “se si vuol fare qualcosa sul serio, non fingere soltanto di fare qualcosa”, essere onesti: si vis pacem para pacem.
Vi abbraccio
Natalia Ajmone
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